Nightguide intervista Matteo Sacco

Nightguide intervista Matteo Sacco

Matteo Sacco cantautore profondo e appassionato, romano di nascita, ha cominciato a scrivere canzoni e a suonare la chitarra da ragazzino; da allora la sua chitarra è diventata per lui una compagna e amante gelosa, che lo accompagna ovunque lui vada. La sua vera passione però è la scrittura; compone la prima canzone a dodici anni, la prima di tante. Una narrazione potente e delicata allo stesso tempo, che racconta il mondo con gli occhi innamorati di chi vede nella musica e nella scrittura l'unica ragione di vita, la colonna sonora della propria esistenza. I temi sono quelli dell'amore, della passione, della voglia di farcela, del dolore, della sconfitta e della rinascita raccontati con un'energia che si sprigiona completamente quando Matteo sale sul palco.
Io l'ho intervistato per Nightguide e questo è il resoconto del nostro incontro.

NG.Chi è Matteo Sacco? E qual è il percorso che lo ha portato fin qui?
MS. Sono uomo cresciuto che non riesce a diventare adulto. Perché continuo a sognare giorno dopo giorno rivivendo ancora le intense emozioni provate nella prima parte della mia vita, durante l'infanzia e la giovinezza. È questo il modo di sentire che voglio che ispiri le mie scelte odierne e future. Leggerezza e spensieratezza, voglia di partire e di camminare fino allo sfinimento, voglia di scoprire sempre cosa c'è un po' più in là, dietro quel monte magari, o nella prossima città, da chi è abitata e quale sarà l'accoglienza che ci riserverà.
Di questi stimoli mi sento permeato in profondità, perché è ciò che ho vissuto... è ciò che mi ha fatto innamorare delle persone, vita e della musica. Questo è lo spirito che soffia nel mio cuore e che mi ha condotto fin qui.

NG. Come si è sviluppata la necessità della tua scelta stilistica musicale?
MS. A nove anni mia madre mi chiese se e quale strumento volessi imparare a suonare e io scelsi la chitarra, forse perché già allora, ogni volta che ne incontravo uno, ero affascinato dal carisma degli artisti di strada che nei primi anni ottanta cominciavano a suonare in tante piazze europee. A quei tempi i miei facevano economia tutto l'anno per poter partire due settimane ad agosto (in quegli anni le ferie si facevano dal 1 al 15 di agosto). E così sceglievamo una nazione e partivamo allegramente con la nostra vecchia Fiat 127 fermandoci ogni volta in città diverse, italiane e straniere. Ogni tanto c'era un artista di strada e io ne ero totalmente catturato. I più suonavano la chitarra. Ecco da dove nasce la mia scelta stilistica: sono diventato un cantautore che compone partendo dagli accordi della sua vecchia chitarra.

NG. Nel tuo percorso creativo, se dovessi rispondere d'impeto, diresti che la creazione della musica è subordinata alla scrittura del testo o viceversa?
MS. Come ho accennato nella risposta precedente, le mie canzoni nascono strimpellando degli accordi con la chitarra e direi che nella maggior parte dei casi non sarei riuscito a scrivere nulla senza il tappeto degli accordi. Ma devo dire che molte volte l'idea di una canzone nasce da uno spunto qualunque, per esempio un libro letto, un incontro significativo, un'esperienza particolarmente sentita o un semplice pensiero che mi ronza  per la testa dal quale magari mi voglio liberare e per farlo lo devo cantare. Altre volte l'idea nasce dal titolo della canzone che scriverò. Spesso succede che la canzone prenda forma a poco a poco attraverso le rime. Accade che io non debba più pensare al concetto da cui avevo preso spunto affidandomi ai suoni delle parole e lasciandomi condurre da esse per sviluppare l'idea... Così io penso a fare le rime e la canzone viene fuori da sé. Come in un pop up per bambini, basta che apri il libro e la figura prende forma da sola, era già lì, tra una pagina e l'altra.
In poche parole non so rispondere chiaramente a questa domanda. Posso dire con certezza che una melodia per me è di grande aiuto mentre scrivo, poi una volta che il testo è pronto, magari la cambio!

NG. Il 2016 ha visto la nascita del tuo album di debutto, "La dolce vita". Da dove viene questo titolo? Sei soddisfatto del tuo lavoro? Alcuni brani mi suggeriscono che viene da un percorso lontano e molto personale.
MS. "La dolce vita" è una canzone contenuta nell'album, una canzone che parla di un personaggio che da una situazione di crisi e disagio esistenziale decide di lasciarsi andare facendosi travolgere da un'avventura fantastica che lo porta a scoprire l'isola della felicità. In quest'isola regnano la pace e l'armonia tra i suoi abitanti e tutto è fatto di panna, cioccolato e di altri tipi di dolce. E così è nato questo titolo, anche perché vicino casa mia c'è una pasticceria che si chiama proprio così.
In un mondo in cui regna la paura, dove siamo continuamente bombardati da notizie tragiche su ogni tipo di media, mi sono sentito di dare un messaggio positivo e leggero che è quello con cui cerco di orientare la mia stessa vita. È un messaggio in fondo ormai banale, ma troppo spesso corriamo il rischio di non tenerne conto. Mi piace pensare che nonostante i problemi e le sofferenze che ci capitano, nel proprio cuore è sempre possibile trovare un'isola di pace e felicità, in cui sentirsi liberi e dove attingere le giuste energie per esprimersi nel modo ad ognuno più congeniale nei rapporti con le altre persone, dove scoprire i propri talenti migliori da mettere al servizio degli altri affinché tutto sia un po' più bello e perché no, più dolce.

NG. A quale brano sei maggiormente legato e perché?
MS. Il brano che solitamente riascolto più volentieri è senz'altro "Le anime morte", forse perché è la canzone che ho scritto per ultima e che per questo riassume in maniera più coerente ed efficace il modo con cui in questo momento cerco di condurre la mia vita. Anche la sua musica mi cattura, perché fresca e coinvolgente; ha un ritmo incalzante che mi permette di esprimere nel cantarla una grande forza.
Ma la canzone a cui sono più legato è "Il fabbro della collina". È la canzone che ho scritto prima di tutte le altre contenute in questo lavoro e che parla di una persona a me cara perché in passato mi ha permesso di realizzare e di vivere un sogno incredibile.

NG. Il tuo lavoro musicale ha un'impronta molto matura e classica, ma le contaminazioni di cui è permeato lo rendono al contempo molto potente e contemporaneo. Quale messaggio vorresti passare attraverso questo mix?
MS. Questa domanda la trovo molto stimolante... mira dritto all'essenza del disco e mi dà la possibilità di spiegare ciò che voglio comunicare attraverso le mie canzoni.
L'impronta matura è data dal fatto che questo album è il frutto di un lavoro iniziato all'età di dodici anni, quando cominciai a scrivere le mie prime canzoni. Quelle canzoni, già allora, erano ispirate dall'ascolto dei grandi interpreti della musica d'autore italiana degli anni settanta, da qui l'impronta classica. Ma tra quelle canzoni e queste contenute nell'album tanta acqua è passata, tanti viaggi ho vissuto, tanta musica ho ascoltato, musiche differenti tra loro, (dalle pizziche del Salento ai Chemical Brothers, per intenderci) tante vite ho vissuto, cambiando ed adattandomi ogni volta come un camaleonte, rigenerandomi come un serpente che cambia pelle. Tante e differenti le persone incontrate. Da questo percorso di vita derivano le contaminazioni e così ho imparato a conoscermi meglio, anche artisticamente; ho capito che per me è importante cantare argomenti non leggeri in un modo che non sia pesante, senza prendermi troppo sul serio, perché quello è un modo di far cantautorato che oggi a mio parere arriva alle persone più difficilmente che in passato, o che almeno a me arriva in maniera più ostica e macchinosa.
E così devo ringraziare per essere riuscito a far questo anche i ragazzi della mia band (Edoardo Fabbretti, batteria - Tommaso Dottarelli, tastiere e synth - Glauco Fantini, basso - Marco Massino, chitarra elettrica) e Gabriele "Svedonio" Tardiolo, che ha curato gli arrangiamenti ed ha suonato nel disco le chitarre, il bouzouki e le tastiere, perché mi hanno dato la possibilità di imprimere a questo progetto tutta la forza, la leggerezza ma anche l'eleganza e la profondità che sentivo in potenza nella mia musica. Vorrei citare inoltre Marco Cocchieri nel cui studio di Orvieto, Mami Records, ho registrato l'album, il quale ha impreziosito due brani con il suo sax.

NG. Qualcuno che ti ha davvero ispirato come artista?
MS. Come ho accennato in precedenza, sin da piccolo gli artisti di strada mi hanno affascinato e questo è da tener presente nel mio cammino artistico, visto che poi anch'io ho fatto un percorso da basker durato alcuni anni ed è stata un'esperienza importantissima. Quindi direi che, a parte i vari cantautori che senz'altro hanno contribuito a fare di me ciò che artisticamente sono, un artista di strada in particolare, che quando avevo quindici anni ascoltavo tutti i sabato pomeriggio per un anno intero vicino piazza Duomo a Milano, mi ha dato un forte impulso. Si chiamava Carlo e veniva da Rapallo tutti i weekend con il suo vecchio furgone della Volkswagen, per cantare le sue canzoni davanti al suo pubblico che, sotto un ampio portico, gli si affollava attorno per almeno tre ore di spettacolo. Che emozione! È stato in quei momenti che in qualche modo credo di aver vissuto sulla pelle la sensazione che si prova cantando davanti a un pubblico, piccolo o grande che sia, ed è  lì che ho capito di voler far questo, perché cantare e suonare per gli altri è un'attività stupenda.

NG. Che progetti hai per finire questo 2016 e per il nuovo anno?
MS. Naturalmente di portare in giro l'album in quanti più locali e live club riuscirò a suonare sia da solo, chitarra e voce, oppure in duo, in trio o con tutta la mia band (alcune date sono già confermate).
Poi vorrei girare entro la fine dell'anno un videoclip di una canzone contenuta nel disco.
Inoltre vorrei sfruttare la quiete dell'autunno e dell'inverno per scrivere nuove canzoni (tre brani sono già quasi pronti) da registrare in un nuovo album entro la fine del 2017. Penso che non mi annoierò!

NG. Dicci quali sono i tre album (spazia pure su tutta la musica esistente) che mai potrebbero mancare nella tua collezione.
MS. Come tu mi suggerisci potrei oggi più che mai spaziare sulla distesa di musica offerta dalle varie piattaforme on line. Ma è proprio questa comodissima ed abbondante fruibilità che mi mette in crisi nel rispondere a questa domanda, perché sono ormai diversi anni che non riesco più ad appassionarmi ad un album intero, forse proprio perché distratto da questa ondata di musica gratuita. Allora potrei citare alcuni che ho amato in passato, quando c'erano ancora le cassette e i dischi in vinile: "La nostra storia" di Francesco de Gregori, che è un disco che ascoltavo sempre da bambino a casa di due cari amici di famiglia da cui spesso andavo a cena insieme ai miei, "Non siamo mica gli americani" di Vasco Rossi, che è stato il mio idolo durante l'adolescenza (nel 1987, quando uscì "C'è chi dice no", vidi il mio primo concerto in assoluto, ero poco più di un bambino e mi sembrò tutto così intenso e trasgressivo!) e "Ingresso libero" che è il primo lavoro di Rino Gaetano che mi ha insegnato, nella prima giovinezza a fine anni '90, a miscelare nelle canzoni insieme alla serietà e alla profondità, la leggerezza, l'ironia, la passione, la forza e la simpatia.
Ma se invece dovessi rispondere senza alcuna premessa, direi: "Natty Dread"di Bob Marley, "The Doors" dei Doors e "Storia di un impiegato" di Fabrizio de Andrè.

Intervista a cura di Luigi Rizzo

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